mercoledì 6 gennaio 2016

Matematica fiabesca: Alice nel Paese delle Meraviglie

     

Matematica fiabesca:

Alice nel Paese delle Meraviglie


Diciamocelo: Alice nel paese delle meraviglie è una favola fantastica ed è difficile immaginarla monca di alcune parti fondamentali. La prima stesura del racconto di Lewis Carroll, quello che fece per Alice Liddel e le sue due sorelle durante una gita in barca nei pressi di Oxford, non conteneva il processo, il te dal cappellaio matto, il gatto di Cheshire (o lo stregatto) e il bimbo della duchessa.
Al di là dell’analisi freudiana del racconto, che è visto come una buia discesa nel subconscio c’è da chiedersi cosa rappresentano queste scene aggiuntive.

Nel 1984 Helena Pycior dell’università del Wisconsin collegò il processo dei fanti di cuori a un libro di algebra dell’età vittoriana. Non dimentichiamo che Carroll è uno pseudonimo, il vero nome dell’autore era Charles Dodgson, matematico del Christ Church College.
Il diciannovesimo secolo fu un periodo turbolento per la matematica, con molti nuovi concetti, alcuni dei quali controversi, come i numeri 
immaginari. In questo contesto il prof. Dogson, matematico conservatore, utilizzò le scene aggiuntive per fare della satira su queste idee rivoluzionarie.

Chi era Dodgson?   


Dodgson fu un matematico molto cauto che di certo non produsse una gran quantità di lavori originali. Fu anche un insegnante coscienzioso e tutto sommato, al di là del suo dogmatismo, degno di rispetto. Considerava gli Elementi di Euclide come la quintessenza del pensiero matematico. In linea generale, il lavoro di Euclide rappresentava la trattazione della della geometria dei cerchidei quadrilateridelle linee parallele e di alcuni concetti di trigonometria di base. Ma ciò che davvero colpiva Dogson, era il suo ragionamento rigoroso: si comincia infatti con alcune verità incontrovertibili, o assiomi, e si passa ad argomenti complessi attraverso semplici passaggi logici. Ogni proposizione è enunciata, provata e infine firmata con QED (in italiano CVD).

Per secoli, questo approccio era stato visto come il culmine del ragionamento matematico e logico. Non senza sgomento Dogson leggeva e cercava di capire gli enunciati non sempre altrettanto rigorosi dei suoi colleghi matematici. Respinse la loro scrittura come "semi-colloquiale" e "semi-logica" e la vedeva estremamente discostata dalla realtà fisica che aveva fondato le opere di Euclide.
Allora, i ricercatori iniziarono ad utilizzare regolarmente concetti a prima vista privi di senso, come i numeri immaginari – la radice quadrata di un numero negativo - che non rappresentavano quantità fisiche allo stesso modo dei numeri interi o dei frazionari. Nessun vittoriano accolse questi nuovi concetti a braccia aperte e faticarono non poco per trovare un quadro filosofico che li accogliesse. Ma tutto ciò diede ai matematici la libertà di esplorare nuove idee, e alcuni erano pronti ad andare avanti con questi concetti strani sempre che rimanessero all'interno di un quadro coerente di operazioni.
Per Dodgson, però, la nuova matematica era assurda, e se da una parte accettava il fatto che potesse risultare interessante per un matematico avanzato, dall'altra ritenne che fosse impossibile da insegnare ad uno studente universitario. 



E allora cosa gli venne in mente?


Utilizzando una tecnica euclidea a lui molto familiare, lareductio ad absurdum ovvero la dimostrazione per assurdo, considerando la “semi-logicità” della nuova matematica astratta, prese in giro la sua debolezza partendo da determinate premesse per arrivare a delle conclusioni logiche con risultati veramente pazzeschi. Il risultato furono le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Prendiamo ad esempio il capitolo in cui appare il brucaliffo. Alice, dopo essere caduta nella buca di un coniglio, mangia un pezzo di torta che la riduce fino ad un’altezza di soli 3 pollici. Avviene quindi l’incontro con il brucaliffo, grande fumatore di narghilè, che le mostra un fungo che la può riportare alle sue dimensioni originali. Il problema, naturalmente, è che un lato del fungo allunga il collo, mentre un altro riduce il suo busto.
Avrebbe dovuto mangiare la quantità esatta per ritrovare la sue giuste dimensioni e proporzioni. Mentre alcuni sostengono che questa scena, con il narghilé e il "fungo magico", simboleggia l'uso di droghe (ma vi pare possibile che un reverendo puritano e vittoriano pubblicizzi l'uso di droghe?), la nostra autrice crede che in realtà rappresenti un primo attacco di Dogson all’algebra simbolica, colpevole di aver reciso il legame tra l'algebra aritmetica e la sua amata geometria. Mentre negli altri capitoli, le analogie con la matematica sono più evidenti, in questo il tono è più sottile e giocoso, atto a preannunciare la follia che verrà in seguito. 



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